L'analisi è relativamente complessa e la risultante sembra essere semplice. Le forze sociali della Rojava sono circondate avendo alle spalle il confine con la Turchia. Prima della liberazione della parte siriana del Kurdistan, le vie usate dai trafficanti di armi per l'approvvigionamento logistico dei jihadisti potevano contare sull'aiuto (tolleranza) dello Stato turco. Dopo il luglio 2012, le YPG, milizie di autodifesa organicamente legate alla TEV-Dem [composizione delle forze sociali egemonizzade dal PYD (Partito di Unione Democratica) che organizza la società locale] hanno cominciato a chiudere il confine nella ricerca di una autonomia regionale.
La risposta del governo di Bashir Al-Assad era stata quella di lasciare aperta la strada tra Aleppo e Kobanê, in modo che dopo l'intenso bombardamento di Aleppo (quando l'aviazione del Baath ha bombardato indiscriminatamente la città), Kobanê si sarebbe sovrappopolata, accogliendo un mosaico di etnie. In seguito il governo alawita non è riuscito ad attaccare nella regione, dando spazio e campo alle manovre per la lotta concorrenziale tra ISIS e il Fronte Al-Nusra (creatura e creatore, rispettivamente, sorti da legami con Al-Qaeda). C'era anche un conflitto per il controllo del territorio all'interno dell'opposizione non-jihadista. La lotta tra le YPG e l'Esercito Siriano Libero (FSA), è durata quasi tre mesi, fino alla tregua della fine del 2013. Con questo armistizio, le YPG e il FSA hanno cominciato a lavorare insieme, una volta sancito che la Rojava era terra liberata con la sua Autonomia Democratica (confederalismo democratico su base locale) come sistema di gestione.
Nello stesso periodo, si andava intensificando l'avanzata jihadista nella regione, con l'approvazione della Turchia, dei Paesi del Golfo (Arabia Saudita e Qatar in particolare) e anche con l'assenza di attacchi provenienti da Damasco. Risultato: il potere popolare nel Kurdistan siriano è diventata l'unica fonte di confronto diretto contro la demenzialità dell'ISIS e gruppi rivali.
In questo scenario hanno operato, in alleanza strategica, le YPG e il FSA. Rafforzava le posizioni curde un distaccamento di peshmerga provenienti del Governo regionale del Kurdistan (KRG) nel Kurdistan iracheno controllato - attraverso le elezioni - da tre partiti della destra curda. Il governo di Irbil (capitale del Kurdistan iracheno) ha negoziato con il governo di Erdogan (il primo ministro turco) per mesi per ottenere un passaggio sicuro nel suo territorio sovrano (il Kurdistan turco) per poter raggiungere il fronte nella Rojava. Il KRG è nella regione quello più vicino ad un governo filo-occidentale e le sue forze si sono scontrate con il PKK nei primi anni '90.
Tuttavia, una tregua di unità tra i curdi ha permesso che unità delle HPG del PKK (le forze di autodifesa della sinistra curda in Turchia, guerriglieri mobili con grande esperienza) potessero essere inviate sul teatro delle operazioni a Kirkuk (Iraq) insieme ai peshmerga per combattere l'avanzata dell'ISIS e per proteggere i yazidi, assiri, caldei e altre minoranze. Così, con l'alleanza curda si è ingrandito il territorio sotto la sovranità del KRG. Ne ha guadagnato il PYD (co-fratello del PKK in Siria) con una sua una rappresentanza consultiva, ma anche la crescente popolarità della sinistra curda nella zona del KRG (è da notare che il governo di Irbil è alleato delle compagnie globali del petrolio e ha ottimi rapporti con Israele, a differenza del PKK-PYD). Gli attacchi aerei coordinati dagli Stati Uniti cambiano le dinamiche della guerra tra il l'ISIS e le YPG con i loro alleati, ma non ne impediscono le manovre e le avanzate.
Il problema più grande per la vittoria delle YPG è il confine con la Turchia, fortemente pattugliato, Stato dimostratosi di essere favorevole all'ISIS. Attraverso il confine turco entrano volontari jihadisti, armi europee e rifornimenti, nonché un'azione di controllo di polizia da parte delle truppe turche, per chiudere le linee di rifornimento a Kobanê. Così gli schieramenti al fronte sono: YPG / FSA / peshmerga contro ISIS, mentre è assente dal conflitto ciò che è rimasto dell'esercito del governo di Assad (ritiratosi a sud della Turchia nella regione intorno a Damasco). L'esercito turco e le monarchie del Golfo finiscono per aiutare l'ISIS e al-Nusra mentre l'Iran, per non combattere i jihadisti sunniti della regione, si isola o combatte sia contro la sinistra curda che contro i seguaci di Al-Baghdadi.
La storia di ripete, questa volta Beirut ovest è Kobanê
Durante il fatidico 1982, nel corso della seconda invasione delle Forze di "Difesa" israeliane in Libano (operazione cinicamente chiamata Pace in Galilea), è stato coniato un motto che ha segnato la rivoluzione palestinese ed il panarabismo. Nella Beirut occidentale assediata dalle forze israeliane e dalle alleate falangi cristiane (Kataeb e le Tigri di Gemayel), nella zona controllata dal Fronte Palestinese-Musulmano-Progressista sui muri si poteva leggere: "Beirut è la Stalingrado degli arabi." Nel 2014, la città di Kobanê, assediata in Siria dalle forze ben equipaggiate di Daesh (o Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, o ISIS o ISIL) è la Stalingrado dei curdi, degli armeni, dei ceceni, degli aleviti (una corrente del sufismo) , degli yazidi,degli assiri, degli arabi (sciiti, sunniti e cristiani), e della sinistra turca e riceve sempre più volontari internazionali.
Questa città soffre anche la pressione delle truppe dalla Turchia, governata dal partito islamista AKP, che lavora per il rovesciamento del regime del clan Assad. Il governo di Ankara sta in realtà permettendo la libera circolazione dei jihadisti, la maggior parte dei quali provenienti dalle comunità islamizzate dei paesi europei. Oltre a quelli col passaporto dell'Unione Europea, arrivano anche parecchi combattenti del fondamentalismo sunnita provienti dai paesi membri della NATO. In questa alleanza militare con 28 paesi membri, solo la Turchia è di religione a maggioranza islamica.
Lo Stato turco ha autonomia decisionale, tantissimo potere e attua una strategia realistica che conduce ad un doppio gioco temibile. Pubblicamente, si coordina con gli Stati Uniti per formare una coalizione contro l'ISIS. Ma sul fronte dei combattimenti, era riluttante a far passare sul suo territorio 150 pershmerga (i Leoni del Kurdistan, i combattenti curdi fedeli al governo regionale curdo in Iraq), che erano venuti dal Cantone di Cizîre (doppio confine con l'Iraq sotto controllo curdo e con la Turchia), per aiutare la resistenza a Kobanê. Dietro le quinte, la Turchia autorizza il passaggio dei terroristi islamici per attaccare alle spalle il fronte sinistro delle posizioni di difesa.
Come già detto in precedenza, ci sono due fazioni islamiche in lotta contro la rivoluzione curda. Una è l'ISIS, guidato dal sedicente califfo di Al-Baghdadi, un'organizzazione religiosa-militare che conta nel teatro delle operazioni in Siria più di 18.000 combattenti provenienti da più di 90 paesi. E' nauseante il ruolo della Turchia nella lotta contro la Rojava. L'altra fazione è il braccio ufficiale di Al-Qaeda nella regione, Al Nusra. Per Erdogan e per i suoi sostenitori, è preferibile utilizzare il terrore sunnita che tollerare l'autonomia della Rojava con la sua Costituzione multi-etnica e le sue sperimentazioni di democrazia diretta e semi-diretta. Siccome l'Esercito Siriano Libero (FSA) ha firmato una tregua con le YPG / YPJ (forze di autodifesa della Rojava), non funge più da vecchio braccio di Ankara ed ha diminuito la sua capacità di operare come satellite del governo di Erdogan. Così, il moderato islamismo dell'AKP, tollerante agli occhi dell'Occidente, può rafforzare il fondamentalismo e totalitarismo islamico dell'ISIS. L'obiettivo è quello di combattere la sinistra curda e i suoi alleati multi-confessionali.
Il costo politico-ideologico dell'unità curda
La sinistra curda deve garantire una base sicura ed un corridoio di rifornimenti per il fronte di Kobanê. Questo terreno sicuro è il territorio controllato dal KRG. Pertanto, tale dipendenza potrebbe comportare la possibilità di una assimilazione della Rojava all'interno della dinamica filoccidentale del governo del primo ministro Barzani Nerchevan. Ricordiamo che Barzani è un alleato di Israele e ha firmato una serie di contratti per avere il petrolio occidentale, avendo un grande rapporto con gli Stati Uniti (visti in questa zona come i liberatori dalla dittatura di Saddam Hussein). I timori La paura non devono essere esagerati, ma occorre un dibattito sincero sul nazionalismo curdo e la possibile unità con il governo liberale del KRG. Indipendentemente da queste variabili filo-liberali, le possibilità sono davvero aperte e bisogna vedere se le YPG / YPJ/HPG batteranno l'ISIS sul fronte di Kobanê.
Ciò che è in gioco è la ridefinizione della geopolitica del petrolio e la formazione di una nuova società. Non a caso ci troviamo di fronte ad un silenzio crudele. "Non una sola parola" - non una sola parola. Se prendiamo come misura gli Stati Uniti e guardiamo la linea editoriale della CNN coi suoi legami con il Partito Democratico, si parla della Rivoluzione della Rojava come fronte di battaglia dei curdi siriani. Non vi è alcun riferimento al PYD, nè alle YPG come forza belligerante di un altro modo di vivere nella società e tanto meno ci sono riferimenti al confederalismo democratico. Si tratta di un crudele silenzio ed occultamento davanti agli occhi del mondo. Si dice che non ci sarebbe un partner affidabile, così l'Occidente dovrebbe lasciare che gli stati islamici (Iran, Turchia e Arabia Saudita) facciano di loro iniziativa. Considerando che la Turchia fa parte della NATO, l'alleato affidabile esiste. Ma per Ankara - nelle dure regole del realismo geopolitico - non ci sarebbe alcuna differenza sostanziale tra il PKK e l'ISIS, per assurdo che possa sembrare.
Qualsiasi somiglianza di aspettativa con la rivoluzione e la guerra civile spagnola non è una coincidenza.
Bruno Lima Rocha
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Traduzione a cura di Alternative Libertaria/FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.