Ascendenza del modello organizzativo anarchico: tre importanti esperienze
L'Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista: Come ricordavo nella prima parte di questo saggio, il modello organizzativo federalista non è una novità. Nel 1868, all'interno della Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIL, nota anche in francese e spagnolo come AIT) l'ala cosiddetta federalista aveva al suo interno una forza politica organizzata denominata Alleanza della Democrazia Socialista (nota anche come Alleanza Bakuninista), il cui esponente pubblico più conosciuto era l'attivista russo Mikhail Bakunin (1814/1876). L'Alleanza lavorava come un'organizzazione di quadri, di tipo "carbonaro" e con militanti che per la maggior parte agivano in segretezza. Alcuni suoi referenti pubblici erano ben noti esponenti della AIL, ma l'Alleanza non agiva solo in un paese o in un territorio specifico. Era invece solita inviare delegati ed operatori (agenti con mandato militante) in paesi o regioni lontani per promuovere l'organizzazione sociale, per costituire cellule dell'Alleanza o per dare supporto ad occasionali episodi di rivolta. Possiamo osservare il ruolo di militanti esperti all'interno dell'Alleanza, che agivano come attivisti sociali, come organizzatori politici e come propagandisti ideologici. Inoltre, a volte, i militanti dell'Alleanza si trovavano in prima linea nei casi di scontri sociali di alto livello e, come accadde nell'insurrezione e nell'esperienza della Comune di Parigi, entrarono a far parte delle forze politiche che organizzarono la prima esperienza di autogoverno dei lavoratori in epoca moderna (dal marzo al maggio 1871)
Il Partito Socialista Rivoluzionario Anarchico: un'altra esperienza degna di nota fu questo partito fondato nel 1891, (noto anche come Partito Malatestiano), il cui esponente più noto era l'anarchico napoletano Errico Malatesta (1853/1932). Sebbene il PSAR avesse un'ala clandestina, aveva per lo più una tipica struttura di partito. I suoi militanti erano referenti per il livello di massa (quello sociale) e per il livello intermedio (politico e sociale), come pure erano diffusori e produttori di propaganda politica. I suoi militanti svolgevano molte funzioni (quadri multifunzionali), tra cui la partecipazione alle azioni dirette messe in atto in Italia all'epoca (dalla fondazione del partito all'instaurazione del regime fascista nel 1922).
L'Esercito Insorto Rivoluzionario d'Ucraina: dalla Rivoluzione Russa, soprattutto in Ucraina, maturò questa esperienza in termini di organizzazione politica di massa durante la guerra civile (1918-1921). L'Esercito Insorto Rivoluzionario d'Ucraina (l'Armata Nera, nota anche come Makhnovicina o Makhnovisti), il cui esponente era Nestor Ivanovich Makhnó (1888/1934), ebbe l'egemonia politica, militare e amministrativa di vaste regioni dell'Ucraina e sviluppò un modus operandi basato sulla collettivizzazione della produzione e la sua sezione militare era un esercito basato su una cavalleria mobile con comandanti su base elettiva. Era un'organizzazione che fondeva ruolo politico e ruolo di milizia e che si rese protagonista di un alto livello di scontro contro l'esercito dei Bianchi (di destra e zaristit) e contemporaneamente contro l'Armata Rossa (le forze armate del Partito Bolscevico). L'ala militare era un'istituzione di auto-difesa a garanzia della forma politica federalista di autogoverno e dell'autogestione socio-economica. Dopo la sconfitta subita ad opera dell'Armata Rossa nel 1921, alcuni sopravvissuti dello Stato Maggiore della Makhnovicina si ritrovarono insieme a Parigi dove scrissero un manifesto politico, noto anche come una delle parti della teoria politica anarchica denominata Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Libertari. Questo documento, che ebbe ampia diffusione negli anni '20 e negli anni '30, conteneva le 4 linee guida teoriche fondamentali per quel modello che è tuttora valido: Unità Tattica, Unità Teorica, Responsabilità Collettiva e Federalismo.
Aspetti comuni alle tre esperienze suddette e similarità con l'attuale missione del PKK
L'acquisizione di queste esperienze storiche e l'accumulazione tra e da queste organizzazioni potrebbe portare semplicemente ad una tesi sul concetto di partito anarchico. Ma è mia intenzione invece sottolineare alcuni aspetti comuni a questi modelli organizzativi quali: la selezione dei militanti (partito di quadri); la non-partecipazione alle elezioni (anti-elettoralismo); il ruolo della minoranza agente (contro la concezione della avanguardia di classe); la struttura federativa interna considerata come forma di organizzazione sociale (federalismo politico); l'uso sistematico della forza nei conflitti collettivi e di massa (azione diretta quale mezzo prioritario nel generare eventi politici); la proiezione di strutture sociali organizzate quale priorità (costruire un popolo forte), eliminando l'intermediazione dei professionisti della politica (democrazia diretta popolare); e l'esistenza di possibile critica e promozione interna, al fine di far crescere la responsabilità politica dei militanti secondo il loro grado di impegno (democrazia interna e rinnovo).
Le somiglianze tra il modello organizzativo anarchico ed il ruolo dello strumento politico del movimento per la libertà del Kurdistan sono così impressionanti e chiare che, per averne conferma, basta semplicemente leggere questo brano scritto dal compagno Mustafa Karasu, pubblicato sul sito inglese del PKK:
“Il PKK si è ristrutturato dopo un'ampia autocritica e dopo una critica del socialismo classico nelle sue forme realizzate. Il PKK ritiene insufficiente la teoria socialista classica. Il PKK ritiene che il socialismo classico non sia sufficientemente anti-capitalista ed è troppo coinvolto con lo Stato, quando invece lo Stato è uno strumento di oppressione. Far cadere uno Stato per crearne uno nuovo non è una prassi rivoluzionaria, invece il metodo adottato dal PKK è quello di superare, far cadere o ridurre ai minimi termini il sistema egemonico per sostituirlo con un sistema socialista che implichi il socialismo al momento. Far cadere uno Stato non è la stessa cosa che far cadere il sistema. Fare invece un'equazione del genere è un segno di deviazione dal socialismo”.
Quando studiamo la storia del socialismo e dei movimenti operai nelle varie società, che siano occidentali o no, possiamo notare che questo tipo di critica contro lo Stato e contro i cosiddetti partiti socialisti pro-statalisti è esattamente la stessa critica elaborata da migliaia di militanti anarchici pienamente attivi almeno fin dal 1864! Dopo aver letto poco prima quella frase che dice “il PKK si è ristrutturato dopo un'ampia autocritica” possiamo facilmente notare che si tratta quasi dello stesso metodo dell'organizzazione politica anarchica,cioè una costante lotta interna per evitare che dentro l'organizzazione si riproducano quella sfera politica e quelle concezioni ideologiche che appartengono alla tradizione autoritaria e capitalista (liberale o meno). Come ho scritto nella prima parte di questo saggio, l'attuale prassi del PKK può essere utile agli anarchici di tutto il mondo e vice-versa. Il primo passo da compiere è un comune riconoscimento ed un approccio tra le due tradizioni. Contribuire a questo sforzo comune è la ragione di questo mio contributo.
Bruno Lima Rocha
Traduzione a cura di Alternativa Libertaria/FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali